Fissaggio carichi pesanti su cappotto: guida completa

L'isolamento termico a cappotto è diventato una soluzione sempre più diffusa per migliorare l'efficienza energetica degli edifici, grazie alla sua capacità di ridurre le dispersioni termiche e migliorare il comfort abitativo.

Tuttavia, il fissaggio di carichi pesanti su cappotto rappresenta una sfida per molti professionisti del settore, poiché richiede soluzioni specifiche in grado di garantire sia la stabilità e la sicurezza nel tempo, ma anche prestazioni che non alterino l’isolamento termico del cappotto, eliminando il fenomeno dei ponti termici. 

In questo articolo, esploreremo nel dettaglio l'evoluzione dei metodi di fissaggio degli schermi oscuranti (detti anche scuri o persiane)i, analizzando le problematiche legate all'uso di ancoraggi chimici e presentando le soluzioni innovative disponibili sul mercato, con particolare attenzione alle soluzioni DK-MY FIX di Dakota Group. Vedremo come dimensionare correttamente i carichi ammissibili sui cardini, approfondiremo l'importanza dei sistemi a cappotto certificati e forniremo indicazioni pratiche per la posa in opera dei supporti.

 

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Evoluzione dei metodi di fissaggio

Nel corso degli anni, i metodi di fissaggio degli schermi oscuranti hanno subito una significativa evoluzione, di pari passo con le innovazioni tecnologiche e l'affermarsi di nuove tecniche costruttive. Ripercorriamo insieme le tappe principali di questa evoluzione: 

  1. Fino agli anni '80: il fissaggio dei cardini era affidato al muratore, che utilizzava principalmente la malta per ancorarli alla parete. Questa tecnica, seppur molto diffusa, presentava alcuni limiti in termini di resistenza e durabilità, soprattutto in presenza di carichi elevati o sollecitazioni ripetute. 
  2. Anni '90: l'introduzione dell'ancorante chimico ha rappresentato una svolta significativa nel mondo del fissaggio. Grazie alla sua capacità di creare un legame tenace con il supporto, l'ancorante chimico ha permesso di ottenere fissaggi più resistenti e affidabili, anche su materiali difficili da forare come il calcestruzzo o la pietra naturale.
  3. Anni 2000: con la diffusione dei primi cappotti di spessore ridotto (3-5 cm), si è reso necessario adattare le tecniche di fissaggio degli schermi oscuranti alle nuove esigenze. L'isolamento a cappotto, infatti, ha complicato notevolmente il fissaggio dei cardini, rendendo inefficaci le soluzioni tradizionali e spingendo i professionisti a cercare alternative più performanti.

Nonostante l'evoluzione dei metodi di fissaggio, ancora oggi molti installatori ricorrono a soluzioni improvvisate, come l'allungamento dei cardini, nel tentativo di adattarsi alla presenza del cappotto. Tuttavia, queste soluzioni "fai da te" presentano numerose criticità, che vedremo nel prossimo paragrafo.

Problematiche del fissaggio con ancoraggi chimici 

L'uso di ancoraggi chimici per il fissaggio di scuri e persiane su cappotto è una pratica molto diffusa, ma non priva di rischi. Vediamo nel dettaglio le principali problematiche legate a questa tecnica: 

  1. Incertezza sulla corretta tenuta del cardine: quando si utilizza un ancorante chimico per fissare un cardine su cappotto, è difficile valutare con precisione la quantità di prodotto necessaria e la profondità di fissaggio ottimale. Un dosaggio errato o un'infiltrazione del chimico nell'isolante possono compromettere la tenuta del cardine, con il rischio di distacchi o cedimenti nel tempo. 
  2. Difficoltà nel determinare la quantità di ancorante chimico necessaria e la profondità di fissaggio: l'uso dell'ancorante chimico richiede una grande esperienza e competenza da parte dell'installatore, che deve essere in grado di valutare correttamente il supporto di fissaggio e dimensionare l'ancoraggio in funzione dei carichi previsti. Senza una formazione specifica, il rischio di commettere errori è elevato, con possibili conseguenze sulla sicurezza e sulla durabilità del fissaggio.
  3. Rischio di distacco dei cardini o dei fermascuri/fermapersiane: anche quando l'ancoraggio chimico è stato eseguito a regola d'arte, il fissaggio dei cardini su cappotto presenta un elevato rischio di distacco, soprattutto in presenza di carichi elevati o di sollecitazioni ripetute (ad esempio, a causa del vento o dell'uso frequente degli schermi oscuranti). Il distacco dei cardini o dei fermascuri può causare danni agli infissi e alle persone, oltre a compromettere la funzionalità e l'estetica del sistema oscurante. 
  4. Responsabilità in caso di cedimenti strutturali: in caso di cedimento o distacco dei cardini fissati con ancorante chimico o barre filettate su cappotto, la responsabilità ricade sull'installatore e sul produttore del sistema di fissaggio. Questo aspetto legale non è da sottovalutare, poiché può esporre i professionisti a contenziosi e richieste di risarcimento danni, anche a distanza di anni dall'installazione.

Per evitare questi rischi e garantire un fissaggio sicuro e duraturo dei carichi pesanti su cappotto, è fondamentale affidarsi a soluzioni specifiche e certificate, che rispettino le normative vigenti e siano compatibili con le caratteristiche del sistema di isolamento a cappotto utilizzato. 

Dimensionamento dei carichi ammissibili 

Il corretto dimensionamento dei carichi ammissibili sui cardini è un aspetto cruciale per garantire la sicurezza e la durabilità del sistema di fissaggio degli schermi oscuranti. La normativa di riferimento in Italia è il D.M. del 17/01/2018, che fornisce le indicazioni per la verifica delle costruzioni civili e industriali, tenendo conto delle azioni ambientali come il vento. 

Per determinare i carichi ammissibili sui cardini, è necessario considerare diversi fattori, tra cui: 

  1. Materiale dello schermo oscurante: il peso degli schermi oscuranti varia in funzione del materiale utilizzato. Gli scuri in alluminio hanno un peso specifico di circa 10-15 kg/m², mentre quelli in legno possono arrivare a 20-30 kg/m². Questa differenza di peso ha un impatto significativo sul dimensionamento dei cardini e sulla scelta del sistema di fissaggio più adatto.
  2. Spinta del vento: la spinta del vento sugli schermi oscuranti può generare sollecitazioni elevate sui cardini e sui sistemi di fissaggio. Per determinare l'entità della spinta del vento, è necessario considerare diversi parametri, tra cui: 
  1. Sito oggetto della verifica: la posizione geografica dell'edificio influisce sulla velocità del vento e sulla frequenza delle raffiche. In Italia, il territorio è suddiviso in diverse zone di vento, ciascuna con caratteristiche specifiche.
  2. Classe di rugosità del terreno: in base alla conformazione del terreno circostante l'edificio può influenzare la velocità e la direzione del vento. Le classi di rugosità vanno dalla A (aree urbane con edifici alti) alla D (aree aperte con ostacoli isolati).
  3. Altezza dell'edificio: la spinta del vento aumenta con l'altezza dell'edificio, a causa dell'effetto di "accelerazione" del vento in prossimità dei bordi e degli spigoli.
  4. Quantità dei cardini di sostegno: il numero di cardini utilizzati per sostenere gli schermi oscuranti influisce sulla distribuzione dei carichi e sulla resistenza complessiva del sistema di fissaggio.

Esempi di carichi ammissibili

Per capire meglio come si calcolano i carichi ammissibili sui cardini, facciamo alcuni esempi concreti, basati su situazioni reali: 

Consideriamo una persiana in legno di dimensioni 70x180 cm, con 2 cardini per anta, installata su un edificio di 20 m di altezza, in una zona con rugosità del terreno di classe D (la più esposta al vento). I carichi ammissibili sul singolo cardine variano in funzione della zona di vento: 

  1. Torino (zona 1): il carico laterale (Fy) ammissibile su ogni cardine è di 125 kg. Se si utilizzano 3 cardini per anta, il carico ammissibile scende a 83 kg per cardine.
  2. Roma (zone 3, 4, 5, 7): il carico laterale (Fy) ammissibile su ogni cardine è di 156 kg. Con 3 cardini per anta, il carico ammissibile è di 104 kg per cardine.
  3. Trieste (zone 6, 8): il carico laterale (Fy) ammissibile su ogni cardine è di 181 kg. Utilizzando 3 cardini per anta, il carico ammissibile scende a 121 kg per cardine.
Come si può notare, la zona di vento ha un impatto significativo sui carichi ammissibili, che possono variare anche del 50% tra una zona e l'altra. Questi dati evidenziano l'importanza di una corretta progettazione del sistema di fissaggio, basata su un'attenta analisi delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell'edificio.

Riqualificazione energetica e sistemi a cappotto certificati

La riqualificazione energetica degli edifici è un tema sempre più centrale nel settore edile, sia per ragioni di sostenibilità ambientale che per i vantaggi economici legati al risparmio energetico. Negli ultimi anni, gli incentivi statali come il Superbonus 110% hanno dato un 
forte impulso alla realizzazione di interventi di efficientamento energetico, tra cui l'installazione di sistemi a cappotto termico.

Anche a livello europeo, la riqualificazione energetica degli edifici è una priorità, come dimostra la recente approvazione della direttiva "case green" da parte del Parlamento Europeo. L'obiettivo è quello di aumentare il tasso di riqualificazione degli edifici esistenti, per ridurre i consumi e le emissioni entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. 

In questo contesto, l'utilizzo di sistemi a cappotto certificati assume un'importanza cruciale, per garantire la qualità e l'efficacia degli interventi di isolamento termico. I sistemi a cappotto devono rispondere a requisiti stringenti in termini di prestazioni energetiche, resistenza meccanica, durabilità e compatibilità con gli altri componenti dell'involucro edilizio.

Marchio CE e ETA per i sistemi a cappotto

Per orientarsi nella scelta dei sistemi a cappotto, i progettisti e i committenti possono fare riferimento al marchio CE e alle Valutazioni Tecniche Europee (ETA), che attestano la conformità dei prodotti alle norme armonizzate europee.

Il marchio CE può essere apposto sui sistemi a cappotto in modo volontario, sulla base di una ETA che verifica la compatibilità e l'idoneità di tutti i componenti del sistema: 
  1. Collante per l'incollaggio dei pannelli isolanti al supporto murario.
  2. Pannelli isolanti in EPS, lana di roccia, sughero o altri materiali.
  3. Intonaco di base, che svolge una funzione di protezione e regolarizzazione della superficie.
  4. Rete di armatura in fibra di vetro, per migliorare la resistenza meccanica dell'intonaco
  5. Intonaco di finitura, che conferisce al sistema l'aspetto estetico desiderato e protegge dagli agenti atmosferici.
  6. Fissaggi meccanici, come i tasselli, per garantire la stabilità del sistema anche in caso di sollecitazioni elevate.

La norma UNI/TR 11715:2018 fornisce indicazioni specifiche per la progettazione e la posa in opera dei sistemi di isolamento termico a cappotto, con particolare attenzione ai fissaggi dei carichi sospesi, come gli schermi oscuranti. La norma distingue tra fissaggi di carichi leggeri su cappotto e fissaggi carichi medi, che possono essere eseguiti con tasselli ad avvitamento diretto nella muratura, e fissaggi di carichi pesanti, che richiedono l'utilizzo di elementi di rinforzo specifici, come le staffe in acciaio o in materiale plastico ad alta resistenza.

Indagine di mercato sugli schermi oscuranti

Per capire meglio le esigenze e le criticità del settore degli schermi oscuranti, è stata condotta di recente un'indagine di mercato su un campione di 50 installatori di finestre e sistemi oscuranti. I risultati dell'indagine hanno evidenziato alcune tendenze significative: 
  1. Il 75% degli schermi oscuranti installati è realizzato in alluminio, mentre il 20% è in legno. L'alluminio è preferito per la sua leggerezza, resistenza alla corrosione e facilità di manutenzione, mentre il legno è apprezzato per l'aspetto estetico e la compatibilità con gli edifici storici. 
  2. Per quanto riguarda le tipologie di installazione, il 60% degli schermi oscuranti è fissato con telaio in battuta esterna, il 30% con cardini ad ancoraggio chimico e il 10% con sistema monoblocco su finestra. La scelta della tipologia di installazione dipende da diversi fattori, come la presenza del cappotto termico, le caratteristiche del supporto murario e le esigenze estetiche e funzionali del cliente.
  3. Tra i posatori intervistati, ben il 60% si rifiuta di fissare i cardini con ancoraggio chimico su cappotto, a causa delle incertezze sulla tenuta e delle possibili responsabilità in caso di distacco o cedimento. Solo il 20% degli installatori esegue abitualmente questo tipo di fissaggio, spesso per mancanza di alternative valide o per richiesta esplicita del cliente, il quale cerca di economizzare senza preoccuparsi delle possibili problematiche future. 

Questi dati confermano la necessità di soluzioni specifiche e certificate per il fissaggio dei carichi pesanti su cappotto, in grado di garantire sicurezza, durabilità e compatibilità con i sistemi di isolamento termico. 

Soluzioni per il fissaggio dei cardini su cappotto

Per il fissaggio dei cardini degli schermi oscuranti su cappotto, esistono diverse soluzioni, ciascuna con vantaggi e limiti specifici. Vediamo nel dettaglio le tre opzioni principali: 

  1. Cardini più lunghi: una delle soluzioni più semplici e immediate consiste nell'utilizzare cardini di lunghezza maggiore, in grado di attraversare tutto lo spessore del cappotto e ancorarsi direttamente nella muratura sottostante. Questa soluzione, tuttavia, presenta diverse criticità:
    1. Incertezza dell'ancoraggio chimico dietro al cappotto: l'utilizzo di ancoranti chimici per il fissaggio dei cardini nella muratura retrostante il cappotto presenta gli stessi rischi e le stesse incertezze visti in precedenza, con il pericolo di distacchi o cedimenti improvvisi.
    2. Assenza di certificati di tenuta o collaudo: i cardini allungati non sono sottoposti a prove di carico o certificazioni specifiche, che ne attestino la resistenza e la compatibilità con i sistemi a cappotto.
    3. Ponte termico puntuale: l'inserimento di elementi metallici attraverso tutto lo spessore del cappotto crea un ponte termico puntuale, che può ridurre localmente l'efficacia dell'isolamento e favorire la formazione di condensa e muffe.
    4. Non conformità alla norma UNI/TR 11715:2018: l'utilizzo di cardini allungati non rispetta i requisiti della norma tecnica di riferimento per i fissaggi su cappotto, che prevede soluzioni specifiche per i carichi pesanti.
  2. Prolunghe a taglio termico per cardini normali: un'altra soluzione diffusa consiste nell'utilizzo di prolunghe a taglio termico, da applicare ai cardini standard per aumentarne la lunghezza. Questi elementi per fissaggio carichi su cappotto sono realizzati in materiale plastico ad alta resistenza e bassa conducibilità termica, per limitare l'effetto dei ponti termici. Le prolunghe a taglio termico presentano alcuni vantaggi: 
    1. Ponte termico puntuale a norma: grazie al materiale isolante di cui sono composte, le prolunghe a taglio termico riducono sensibilmente l'effetto dei ponti termici, pur non eliminandoli del tutto.
    2. Adatte per la posa dei fermapersiane: le prolunghe a taglio termico sono particolarmente indicate per il fissaggio dei fermapersiane, grazie alla loro resistenza meccanica e alla facilità di installazione.
      Tuttavia, anche questa soluzione presenta alcuni limiti:
    3. Incertezza sull'ancoraggio chimico: anche con le prolunghe a taglio termico, il fissaggio dei cardini avviene tramite ancoraggio chimico nella muratura retrostante il cappotto, con i rischi e le incertezze già evidenziati.
    4. Utilizzo possibile solo a cappotto finito: le prolunghe a taglio termico possono essere installate solo dopo il completamento del cappotto, rispettando le distanze minime dal bordo del foro. Questo può creare difficoltà di coordinamento tra le diverse fasi di lavorazione e allungare i tempi di esecuzione. 
  3. Supporti specifici: la soluzione più completa e affidabile per il fissaggio dei carichi pesanti su cappotto consiste nell'utilizzo di supporti specifici, progettati e testati secondo rigidi parametri di resistenza e tenuta al carico. Questi elementi, come i DK-MY FIX di Dakota Group, sono realizzati in materiale ad alta resistenza meccanica e termica, e sono dotati di sistemi di fissaggio che garantiscono la massima tenuta e stabilità nel tempo.

DK-MY FIX: soluzione innovativa per carichi pesanti

I DK MY FIX di Dakota Group rappresentano una delle soluzioni più innovative e performanti per il fissaggio dei carichi pesanti su cappotto. Frutto di un anno di ricerca e sviluppo, i DK MY FIX sono stati progettati per rispondere a tutte le esigenze dei progettisti e degli installatori, garantendo la massima affidabilità e durabilità nel tempo. 

Il DK MY FIX con piastre in alluminio è realizzato in polipropilene, mentre il DK MY FIX con piastre in ABS è realizzato in PA (Poliammide), materiali che uniscono elevate prestazioni meccaniche a un'ottima resistenza termica. Grazie all'inserimento di una piastra in alluminio per il primo e una piastra in ABS nel secondo, i DK-MY FIX di Dakota Group sono in grado di sostenere carichi elevati, senza subire deformazioni o cedimenti, sia nel caso di fissaggio frontale che laterale. 

Tra i principali vantaggi dei DK-MY FIX, troviamo: 

  1. Portate verificate a taglio con sollecitazione della spinta del vento: grazie alla loro struttura armata, i DK-MY FIX sono in grado di sostenere carichi elevati anche in presenza di forti sollecitazioni dovute alla spinta del vento, come dimostrano le prove di carico di rottura effettuate in laboratorio.
  2. Possibilità di posa con cardini ad avvitare o con ancoranti chimici: i DK-MY FIX possono essere utilizzati sia con cardini tradizionali ad avvitamento, sia con cardini ad ancoraggio chimico, grazie alla presenza di apposite predisposizioni che garantiscono la massima tenuta.
  3. Maggiore superficie di fissaggio grazie alle piastre di tenuta interna: la piastra in alluminio per il primo tipo e la piastra in ABS per il secondo tipo, inserite all'interno della struttura del DK-MY FIX aumentano la superficie di adesione tra i supporti e il sistema a cappotto, migliorando la distribuzione dei carichi e riducendo il rischio di distacchi o fessurazioni. 

Modalità di posa dei DK-MY FIX

La posa dei DK-MY FIX varia in funzione del contesto di intervento e delle specifiche esigenze progettuali. In generale, si possono distinguere due situazioni principali: 
  1. Nuova costruzione: nel caso di edifici di nuova realizzazione, i DK MY FIX vengono posati contestualmente all'esecuzione del cappotto termico, seguendo una procedura collaudata che prevede: 
    • La preparazione del supporto murario, con la realizzazione dei fori per l'inserimento dei tasselli.
    • Il fissaggio del DK MY FIX tramite i tasselli autobloccanti e una piccola quantità di colla, verificando il corretto posizionamento e la planarità della superficie. 
    • L'inserimento del cardine nel DK MY FIX, tramite avvitamento o ancoraggio chimico, a seconda del tipo di cardine utilizzato e al tipo di fissaggio necessario (nelle schede tecniche è presente lo schema sia per il fissaggio frontale che per quello laterale). 
    • La rasatura e la finitura della superficie del cappotto, avendo cura di rispettare le distanze minime dal bordo del DK MY FIX.
  2. Riqualificazione: nel caso di interventi di riqualificazione energetica su edifici esistenti, la posa del DK MY FIX deve essere adattata alla presenza di eventuali irregolarità o vincoli architettonici. In generale, si possono presentare tre situazioni principali:
    • Fissaggio in battuta esterna: quando gli schermi oscuranti vengono fissati in corrispondenza del filo esterno della muratura, il DK MY FIX viene posato in continuità con il cappotto, avendo cura di sigillare adeguatamente il giunto tra i due elementi.
    • Fissaggio con telaio esterno: quando gli schermi oscuranti sono dotati di un telaio perimetrale in alluminio o acciaio, il DK MY FIX viene fissato in corrispondenza dei montanti del telaio, verificando la corretta distribuzione dei carichi e la planarità della superficie.
    • Fissaggio su spalla laterale: quando gli schermi oscuranti vengono fissati su spallette laterali in muratura o calcestruzzo, il DK MY FIX viene posato in continuità con il cappotto, adattando la rasatura e la finitura della superficie alle specifiche geometrie dell'intradosso.

Per facilitare la posa dei DK-MY FIX in tutte le situazioni, Dakota Group mette a disposizione dei posatori delle schede tecniche, che illustrano nel dettaglio le corrette procedure di installazione e le possibili soluzioni per i casi più complessi.

Conclusioni

Il fissaggio dei carichi pesanti su cappotto rappresenta una sfida importante per i progettisti e gli installatori, che richiede l'utilizzo di soluzioni specifiche e innovative, in grado di garantire la massima sicurezza e durabilità nel tempo, evitando spiacevoli inconvenienti di fessurazione che si creano invece con l’uso di barre filettate fissate senza supporti dedicati.

L'utilizzo di soluzioni improvvisate o non certificate, come i cardini allungati o le prolunghe a taglio termico, presenta rischi e criticità non trascurabili, che possono compromettere l'efficacia e la tenuta del sistema a cappotto nel suo complesso. 

Per questo motivo, è fondamentale affidarsi a prodotti certificati e conformi alle norme tecniche di riferimento, come i DK-MY FIX di Dakota Group, che rappresentano una delle soluzioni più complete e affidabili per il fissaggio dei carichi pesanti su cappotto. 

Grazie alla loro struttura in polipropilene o poliammide, alla possibilità di posa con diversi tipi di cardine, i DK-MY FIX sono in grado di rispondere a tutte le esigenze dei progettisti e degli installatori, garantendo la massima compatibilità con i sistemi a cappotto e le specifiche geometrie degli edifici. 

Solo attraverso l'utilizzo di soluzioni testate e innovative sarà possibile coniugare efficienza energetica, sicurezza strutturale e durabilità nel tempo, contribuendo in modo decisivo alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale.

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